Con Katharina Schüttler, Kim Riedle, Martin Wuttke, Natalia Belitski, Jürgen Vogel.
Titolo originale Stillstehen. Drammatico (colore). Durata min. Germania 2019 (Cinecittà Luce)
Prevendite: https://is.gd/r8NoOY
Julie ha compiuto una scelta di vita legata a una sua teoria sull’immobilità. Entra ed esce da una clinica psichiatrica in cui si sente seguita dal dottor Hermann, il quale sta ora per andare in pensione. Le viene affidata come supervisore l’infermiera Agnes la quale non riesce a controllarla sentendosene in qualche misura attratta a causa anche della sua difficile condizione familiare.
Elisa Mishto è al suo primo lungometraggio di finzione ma aveva già affrontato tematiche di carattere psichiatrico nel suo primo documentario Gli stati della mente. L’argomento quindi le interessa particolarmente e in questo film mostra di conoscere a fondo le dinamiche che si possono instaurare tra un paziente e chi dovrebbe assisterlo in quanto ‘sano’ e professionalmente attrezzato.
Ma, come si sa, visto da vicino nessuno è normale ed Agnes a casa ha una figlia di tre anni che non le parla e di cui lei fa fatica ad occuparsi. Perché questo è sicuramente un film che riflette sulla norma e su quanto le si può opporre ma è anche una profonda analisi della figura materna che a Julie è mancata sin dall’infanzia, che Agnes non riesce a trovare in sé e che un’altra paziente subisce soffrendone. C’è poi una non secondaria attenzione al ribaltamento dei ruoli: progressivamente sarà Julie, che è anche un’abile manipolatrice, a far prendere coscienza ad Agnes in merito alle proprie frustrazioni e a pulsioni che ha cercato di non rivelare nemmeno a se stessa.
Con loro, silente e apparentemente distratto, c’è il Rainer di Giuseppe Battiston capace di comprendere ciò che lo circonda ance quando sembra vivere su un piano surreale. Mishto si rivela, in questa sua prima prova, non solo come acuta sceneggiatrice ma anche come regista di attrici ottenendo da Natalia Belitski e da Luisa-Céline Gaffron due interpretazioni degne di nota.