Con Vincenzo Costanzo, Manuela Custer, Caterina Di Tonno, Roberto Frontali, Giancarlo Giannini.
Titolo originale . Musical (colore). Durata 75 min. Italia 2021 (Genoma Films)
GIANNI SCHICCHI
Trama: Buoso Donati, ricco mercante d’arte, muore ‘teatralmente’ nel suo letto. Attorno a lui le lamentazioni cedono il passo all’avidità dei suoi ‘cari’, ansiosi di sapere come sarà ridistribuita la grande fortuna del defunto. Ma il testamento rivela presto un’amara verità, il vecchio uomo ha lasciato tutto ai frati del convento di Signa.
Forse per espiare quei beni ottenuti non sempre onestamente, forse in barba all’avidità dei suoi familiari, che adesso piangono lacrime vere. Privati della ricchezza da un testamento inattaccabile, gli eredi, aristocratici e sprezzanti, si rivolgono a Gianni Schicchi, virtuoso dell’inganno.
L’uomo è riluttante ma il sentimento che sua figlia nutre (ricambiata) per il giovane rampollo dei Donati, lo convince ad agire. Deciso a favorire quell’amore, ‘mette in scena’ la truffa, col beneplacito dell’aristocrazia e soddisfazione della ‘gente nova’.
Con un’appropriazione sensibile, Damiano Michieletto, che ha dimostrato a teatro come al cinema (Rigoletto al Circo Massimo) di saper riattivare i codici di un genere musicale elitario, mette in scena una storia mille volte intesa, pescando come Puccini nella Commedia dell’Arte, poi confluita in quella ‘commedia all’italiana’ che recupera l’eredità del Neorealismo, con la sua precisione topografica e sociale, mescolando farsa e tragedia. Gianni Schicchi, personaggio reale in cui inciampa Dante Alighieri nella bolgia dei falsari, non ha dopotutto la destrezza di Arlecchino per il raggiro? Lauretta non ha la grazia vezzosa di Colombina? E ancora il vecchio e avaro Simone non veste come un guanto la ruvidezza di Pantalone? Ma il protagonista pucciniano risuona pure nel Marchese del Grillo monicelliano, che inventa farse diaboliche a spese della sua famiglia bigotta e della corte papale.
Traslocato dal Medioevo al presente, Gianni Schicchi rivisita un classico dell’arte lirica mischiando codici e linguaggi sulla ‘tela’ di un paesaggio rurale e toscano. Come Gallone, Rosi o Losey prima di lui, Michieletto affronta il film-opera, oggetto culturale in cui convergono differenti forme d’arte, integrando i rispettivi codici e andando oltre quello che sono separatamente. Ancora una volta, l’autore mette in relazione la voce e il corpo, luogo d’espressione della materia passionale, le sincronizza investendo su cantanti capaci di incarnare gli accenti di Puccini e i versi volontariamente arcaici di Forzano.