Con Anna Magnani, Walter Chiari, Gastone Renzelli, Tina Apicella, Tecla Scarano.
Titolo originale . Drammatico (b/n). Durata 113 min. Italia 1951 (Cineteca di Bologna)
Bellissima è il ritratto di una donna, di una madre, della maternità; ed è il ritratto di una bambina, di una figlia, dell’infanzia come innocenza impotente. È un film sull’Italia del dopoguerra, sulle illusioni di adulti bramosi di sognare un futuro di benessere. Il cinema è visto come fabbrica di sogni, come un modo per evadere dalla realtà quotidiana. Maddalena vuole per la figlia una vita migliore della propria: si agita e si sacrifica per donarle la ricchezza e la felicità che lei non ha avuto, oppure, si può pensare, cerca di realizzare se stessa e i propri sogni attraverso la figlia. Maria, da parte sua, come tutti i bambini del neorealismo, è spaesata e passiva: diventa un oggetto che la madre usa per cancellare il proprio scontento. Poi arriva il capovolgimento: Maddalena capisce che il cinema è un mondo fatto di falsità e impostori, e i suoi sogni affondano. Nel finale, Maddalena rifiuta il cinema, la famiglia si afferma come rifugio salvifico, si riforma la trinità madre-padre-figlia: alla bambina è restituita la serenità che le era stata tolta, dall’agitazione iniziale di Maddalena si passa alla quiete di Maria. La caduta delle illusioni assume il segno positivo del rafforzamento dell’orgoglio e del nucleo familiare. Come scriveva L. Micciché, nel film si ha la contrapposizione tra due nuclei: da una parte, il principio di piacere (Maddalena, il femminile, il sogno, l’irrazionalità, il cinema, il disordine del mondo esterno); dall’altra, il principio di realtà (Spartaco, il maschile, la concretezza scettica, la razionalità, la realtà, l’ordine dell’interno domestico). Uno dei centri del film è il rapporto tra cinema e realtà, tra finzione e realismo. La realtà popolare si avvicina al cinema vedendolo come fabbrica dei sogni; il cinema si avvicina alla realtà popolare cercando il (neo)realismo. Il cinema, lingua della realtà, si rivela portatore di finzioni e illusioni. Il film mostra come la tensione verso un massimo di realtà possa sfociare in un massimo di finzione. Bellissima è anche una critica del neorealismo condotta dall’interno del neorealismo, «uno dei primi e dei più consapevoli atti di morte dell’utopia neorealista»