Con Thomas Schubert, Paula Beer, Langston Uibel, Enno Trebs, Matthias Brandt.
Titolo originale . Commedia - Drammatico (colore). Durata 103 min. Germania 2023 ( Wanted)
Sulla costa del Mar Baltico, dove il nord della Germania incontra la Polonia, gli amici Felix e Leon si rifugiano per qualche giorno nella casa della famiglia del primo. L’idea è di dedicarsi al lavoro, un progetto fotografico per Felix e gli ultimi ritocchi a un romanzo per Leon, ma la quiete in casa è turbata da Nadja, presenza sfuggente percepita attraverso gli incontri amorosi e notturni, il cibo sulla tavola e la silhouette in bicicletta. Mentre il caldo inaridisce l’aria e gli incendi mangiano l’entroterra, Leon fatica ad accettare la leggerezza che lo circonda e si ritrova sempre più chiuso nella sua mente.
Il cinema di Christian Petzold sembra rigenerarsi periodicamente, come la fenice che dà il titolo a una delle sue migliori opere.
Cicli legati agli attori da cui si lascia ispirare, dalla sublime Nina Hoss fino ai lavori recenti con Franz Rogowski e Paula Beer, ma anche a fiammate tematiche che hanno visto uno degli autori principali della scuola di Berlino viaggiare attraverso le epoche e gli stili di racconto, inseguendo amori impossibili tra le guerre, nelle favole, nel passato-presente, sopra e sotto il mare.
Dotato di un talento unico nel radicare l’esistenzialismo nella geografia e nella topografia dei luoghi (mai più precisi che nella vaghezza di Transit), il regista si auto-confina stavolta alle pareti e al giardino di una villetta. Ma quello di Roter Himmel rimane un Petzold in movimento, che continua a farsi guidare da Paula Beer e gli mette alle costole un volto fresco come il bravissimo austriaco Thomas Schubert, in una storia di giovani intellettuali che guardano senza vedere e vivono senza sentire. Il suo Leon è l’avatar giusto per stare allo scherzo in quella che in larga parte funziona brillantemente come una commedia leggera, di equivoci e goffaggini, di convivenze da incubo tra personalità molto diverse in vacanza nella stessa casa.
La leggerezza recente di Petzold c’era già in Undine, e anche stavolta si lascia contagiare progressivamente da una malinconia e una riflessione autoriale che tagliano in profondità. C’è dell’ironia e dell’autoironia nello scrittore Leon, che dice di no a tutto per lavorare ma poi non riesce a finire il suo romanzo, che si sente più importante degli altri ma si lascia distruggere con disarmante facilità da ogni feedback negativo. La presa in giro bonaria evolve in punta di penna, quella abitualmente squisita di Petzold, e diventa una piccola parabola estiva di amara consapevolezza.