Con Trine Dyrholm, Ulrich Thomsen, Helene Reingaard Neumann, Martha Sophie Wallstrom Hansen.
Titolo originale Kollektivet. drammatico (colore). Durata 111 min. Danimarca 2016 (BIM)
Copenaghen 1975. Erik ed Anna, architetto e insegnante lui e conduttrice di TG lei, hanno una figlia adolescente e si trovano ad ereditare una casa molto grande. Anna ha un’idea e spinge il marito ad accettarla: invitare alcuni amici a vivere con loro dando origine a una comune. Ben presto il gruppo si forma e si dà delle regole non sempre rispettate da tutti ma fra riunioni, pranzi e feste di Natale le cose sembrano funzionare. Fino a quando una nuova persona entra nella vita di Erik mutandone le prospettive.
Nell’ormai lontano 2000 Lukas Moodysson con Together – Insieme alla sua opera seconda vinceva numerosi premi con una lettura degli anni Settanta visti con gli occhi di un bambino portato dalla madre a vivere in una comune. Moodyson è svedese ma della coproduzione faceva parte anche la Danimarca. Oggi è un danese come Thomas Vinterberg a tornare sul tema mutando però il punto di vista anche perché in una comune ci ha vissuto dall’età di sette anni a quella di diciannove. Riesce quindi a leggerne le dinamiche e le utopie con il distacco dato dal trascorrere del tempo ma anche con la comprensione e la partecipazione indispensabili.
I suoi Steffen, Allon, Ole, Mona e Ditte insieme ai due protagonisti principali danno tutti la sensazione non di personaggi di una sceneggiatura ma di persone con i loro slanci, le loro ritrosie e anche i piccoli o grandi egoismi. A loro si aggiungono l’adolescente Freja e un bambino che usa come elemento di attrazione l’aver sentito dai medici che non supererà i nove anni d’età. Quando però Erik si innamora di Emma, una sua studentessa, tutto cambia. Perché un conto, ci ricorda Vintenberg, è teorizzare e un conto è affrontare una nuova presenza che muta gli equilibri. Della coppia e quindi della apparentemente superata ‘famiglia’ formata da Anna, Erik e Freja e, di conseguenza, dell’intera comunità.
Dopo aver lasciato il piccolo villaggio in cui il pregiudizio si faceva irrimediabilmente strada di Il sospetto ed essendosi concesso una parentesi letteraria con Via dalla pazza folla, Vinterberg torna a farci riflettere sulla complessità dell’animo umano e sulla bellezza (ma anche sulla fragilità) di alcune utopie. Lo fa con mano leggera ma sapendo come e quando far emergere le pulsioni più profonde e difficilmente controllabili da parte dei singoli anche quando una sorta di nuovo conformismo di gruppo spingerebbe ad occultare le situazioni più spinose. Perché i suoi adulti finiscono, nonostante i proclami, con lo smarrire in tutto o in parte la possibilità di guardare veramente avanti non fossilizzandosi in un rinnovamento che inevitabilmente finisce con il diventare conservazione di se stesso.