Con I Millenials che hanno trovato la forza di pronunciare le parole che hanno cambiato la loro vita per sempre.
Titolo originale Coming Out. Documentario (colore). Durata 64 min. Francia 2018 (Wanted)
I Millenials che hanno trovato la forza di pronunciare le parole che hanno cambiato la loro vita per sempre.
Coming out: abbreviazione dell’espressione “coming out of the closet” (letteralmente “uscire dall’armadio”, che sta per: uscire allo scoperto, dichiarare intenzionalmente la propria omosessualità o identità di genere). È l’avvertimento posto in calce alle note di regia di questo documentario francese, uscito in patria nel 2018, coerentemente improntato alla massima semplicità e chiarezza di linguaggio. Coming Out è un collage di video privati accessibile a tutti i tipi di pubblico. Messi a disposizione per il film dai loro giovani interpreti di tutto il mondo, per lo più adolescenti. Ragazzi e ragazze che si sono filmati nelle loro abitazioni. L’unicità del film sta nel fatto che ogni segmento registra il preciso momento in cui ognuno di loro si è “rivelato” alla propria famiglia. In presenza, ma anche al telefono. A volte a un singolo genitore, altre ad entrambi, o un gruppo familiare, perfino a una nonna.
Primo film del montatore e artista di computer graphics Denis Parrot, Coming Out attinge al più grande degli archivi contemporanei (YouTube) tramite il quale ha scoperto un fenomeno che interessa i più giovani.
E che testimonia quanta strada ci sia ancora da fare perché l’omosessualità sia percepita come una realtà tra le possibili e non una scelta (quando non una vergogna).
Il regista ha scelto diciannove video tra più di milleduecento visionati e messi on line tra il 2012 e il 2018. Anche se in un certo senso il suo può essere considerato un lavoro di tipo storiografico per il movimento LGBT, il film non è strettamente militante e si rivolge al pubblico più ampio. Prima di tutto ai familiari, che come si evince dalle immagini, reagiscono nei modi più diversi.
È tecnicamente un unicum per il semplice fatto, premesso in apertura, che “quando ero giovane, Internet non c’era” (Parrot è del 1974). Fa parte quindi di una generazione vissuta quasi in totale assenza di modelli di “persone famose venute fuori” a cui fare riferimento. I ragazzi del terzo millennio, invece, hanno un palcoscenico virtuale al quale preferiscono affidare il momento più delicato e di crescita della loro vita, a costo di affrontare reazioni fredde o violente. Lo preferiscono senz’altro all’outing, il palesamento della loro inclinazione sessuale effettuato da altre persone e soprattutto senza il proprio consenso. Fare un video e diffonderlo potenzialmente in tutto il mondo è il loro modo di prendere la parola, affermare un’identità. E dimostrare a chi non ha voce che non solo si può farlo, ma si deve, perché è giusto e liberatorio.
Senza dare per scontato nulla e senza pretese artistiche (anche se si percepisce lo sforzo di rendere più uniforme visivamente contributi così diseguali) Coming Out lavora sull’empatia: il meccanismo è cercare di mostrare a chi non è omosessuale la temperatura emotiva – quindi anche le implicazioni “drammaturgiche” e cinematografiche – di quel momento preciso in cui si decide di manifestarsi alle persone care: con che parole dirlo? Quale sarà la loro reazione? Come cambierà la percezione di chi ci ama? In un’altalena di imbarazzi, curiosità legittime, silenzi, rassicurazioni, rifiuti, risate e lacrime, il film fa esplodere un passaggio temuto per poi depotenziarlo e rovesciare finalmente il punto di vista, andando al punto cruciale. Cioè quando uno dei protagonisti chiede: “e voi, quando avete scelto di essere etero?”.