Con Julianne Moore, Michelle Williams, Billy Crudup, Abby Quinn, Alex Esola, Susan Blackwell, Will Chase, Eisa Davis, Amelia Workman, Azhy Robertson.
Titolo originale After the Wedding. Drammatico (colore). Durata 110 min. USA 2019 (Lucky Red)
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Il racconto potente di un grande amore, quello che lega due donne ad uno stesso uomo, quello che ogni madre prova nei confronti della propria figlia. Un viaggio improvviso è destinato a cambiare le sorti di tutti i protagonisti della storia. Due donne e due mondi diversi a confronto, un mistero da svelare che fa da filo conduttore.
Isabel ha dedicato la gran parte della sua vita ai bambini di un orfanotrofio di Calcutta e da sette anni è diventata come una madre per il piccolo Jai, un ragazzino vulnerabile che si è profondamente legato a lei. L’offerta di una facoltosa società americana di finanziare l’orfanotrofio in bancarotta la costringe, però, a tornare a New York, dove non mette piede da più di vent’anni. Qui incontra Theresa, la magnate multimilionaria che ha chiesto di incontrarla, ma da subito appare evidente che la donna è meno interessata all’orfanotrofio che a conoscere meglio Isabel, tanto che la invita al matrimonio della figlia Grace. Da quel giorno, Isabel viene progressivamente a conoscenza di una serie di segreti passati e presenti, destinati a sconvolgere la sua vita e quella di tutti gli altri.
Bart Freundlich, regista poco prolifico ma sceneggiatore esperto di relazioni sentimentali e incomprensioni familiari, riscrive il dramma portato sullo schermo dalla regista danese Susanne Bier sostituendo la coppia di protagonisti maschili con quella al femminile composta da Michelle Williams e da Julianne Moore, sua moglie e interprete di quasi tutti i suoi film.
Il tema della maternità, biologica o sostitutiva, scelta o rifiutata, assume dunque un ruolo centrale ma solo in apparenza, perché cambiando di genere ai protagonisti della storia, il regista può in realtà raccontare la scelta di un uomo e il legame che ha instaurato con la figlia.
Dietro le vetrate vertiginose degli hotel e degli uffici high-tech della metropoli contemporanea, e dietro l’impegno dell’occidentale negli slums indiani, si consuma così un melodramma antico, o quanto meno eterno, che intreccia passato e futuro (“Dove si va? Dove andrò?” domanda il personaggio di Julianne Moore nella scena più drammatica), nascita e rinascita (il nido caduto, facile simbolo di morte, trova nuova vita nell’arte) e porta in superficie l’assurdità dell’esistenza, per cui non solo non possiamo controllare le nostre vite ma a volte le stesse sembrano scritte dalla penna barocca di uno sceneggiatore senza freni.
Forte di un perfetto cast artistico, Dopo il matrimonio è soprattutto un film di interpreti e, tra questi interpreti, la Moore e Crudup si collocano comodamente una spanna sopra gli altri. Non si troveranno, invece, particolari sottigliezze di regia e anzi, nel tentativo di restare minimale di fronte a tanta trama, ne va talvolta dell’emozione e alcuni passaggi appaiono inespressi. Ciò che il film inventa, in ogni caso, è sufficiente per aprire diversi fronti di dibattito, pubblico e privato.