Con Bérénice Bejo, Cédric Kahn, Marthe Keller, Jade Soentjens, Margaux Soentjens, Francesco Italiano, Tibo Vandenborre, Catherine Salée, Ariane Rousseau, Philippe Jeusette, Annick Johnson.
Titolo originale L'économie du couple. drammatico (colore). Durata 100 min. Francia, Belgio 2016 (bim)
Nascosto nella sezione Quinzaine des realisateurs dello scorso Festival di Cannes è stato presentato uno dei film più interessanti della stagione: Dopo l’amore del belga Joachim Lafosse. Una storia tanto universale da poter apparire banale, quella di Marie e Boris, una coppia in crisi dopo 15 anni di vita in comune. Si stanno separando, la casa è di lei, che ha un lavoro e proviene da una famiglia benestante, mentre lui ha difficoltà economiche, trova solo lavori saltuari, non ha la possibilità di trasferirsi altrove. Sanno che sarebbe bene non vivere sotto lo stesso tetto, ma le circostanze lo impediscono, complicando anche il sereno superamento del trauma da parte delle loro piccole gemelle. Lafosse realizza un kammerspiel tutto ambientato all’interno della loro luminosa casa: pagata da lei, ma ristrutturata da lui. Entriamo nella loro problematica vita quotidiana scandita dalle regole decise da Marie, accettate a stento da Boris. Lui si sente umiliato dall’incapacità di mantenere la sua famiglia, lei è sempre di pessimo umore e non sopporta più neanche la vista dell’uomo che aveva tanto amato.
È uno dei tanti aspetti di brutale credibilità di un film arroccato in uno spazio chiuso la cui condivisione è diventata ormai impossibile, fra le messe in scena per non turbare le figlie e i continui conflitti. Nessuno dei due vuole cedere, rivendicando il contributo alla creazione di un legame che ormai si è trasformato in rabbia, quella di aver perso tempo con una persona di cui ormai non si sopporta alcuna parola e alcun gesto. Le differenze diventano inconciliabilità, i dialoghi non prevedono l’ascolto dell’altro. L’amore non si ripara, non si accetta più la fine della passione che diventa altro. La madre di lei se la prende con l’oggi, in cui “non si ripara più niente, ma si butta via tutto appena si guasta”.
Dopo l’amore è uno di quei film in cui riflettere come in uno specchio le proprie esperienze di vita, che sviluppa una tensione montante all’interno di una routine quotidiana sempre credibile. Il ritratto dei due protagonisti è impietoso, ma non distante, ne delinea i difetti senza schierarsi. Probabile che un gruppo di amici ritenga ora uno ora l’altra il “cattivo” di questa storia, che in realtà racconta semplicemente la brutalità ineguagliabile con cui due persone che si sono amate per anni possono farsi del male, conoscendo a perfezione i punti deboli dell’altro.
Joachim Lafosse ci mette molti elementi autobiografici, dalla separazione dei suoi genitori a quella sua, al fatto di raccontare figli gemelli che subiscono la crisi. La famiglia è al centro della ricerca del regista belga, microcosmo di tragedie maturate giorno dopo giorno, come in A perdre la raison e Proprietà privata, unico suo film uscito finora in Italia. Cosa vuol dire essere ricco, si domanda Lafosse? L’economia di coppia, come il titolo originale, è un sistema complesso, in cui valutare anche le migliorie della casa fatte con amore, non solo la capacità di pagarle. Soffocante in molti momenti, Dopo l’amore regala una memorabile scena di commiato dalla vita di coppia sulle note di Bella di Maitre Gims, con la spontanea partecipazione strappacuore delle gemelle.