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JANE BY CHARLOTTE

di Charlotte Gainsbourg

Con Jane Birkin, Charlotte Gainsbourg.

Titolo originale . Documentario, (colore). Durata 90 min. Francia 2021 ()

JANE BY CHARLOTTE

Come si può raccontare un’icona senza usare parole già dette e immagini già viste? Attraverso lo sguardo unico al mondo di un figlio, anzi una figlia. Lo dimostra Charlotte Gainsbourg in Jane par Charlotte, documentario-tributo alla madre Jane Birkin che parte con delle riprese scomposte da backstage di quest’ultima al suo ennesimo concerto di successo. Poche scene dopo si svela la vera anima del film: non un fan movie ma un confronto serrato tra madre e figlia che è insieme un dialogo artistico, o meglio un monologo a due voci. Le unisce il sangue, il talento, la passione per l’arte, per la fotografia, per la musica, per quel Serge Gainsbourg che nel documentario citano a più riprese e di cui mostrano la casa-museo lasciata intonsa a Parigi.

Al suo debutto alla regia Gainsbourg firma un’opera intima e personalissima, mai priva di stile e di interesse, giocando con la formula di archivio biografico familiare che nel suo caso specifico è anche profondamente artistico.

Nuovo tassello nel filone dei documentari girati da figli d’arte dedicati agli illustri genitori (corrispettivi italiani sono Negli occhi di Giovanna Mezzogiorno o Ritratto di mio padre di Maria Sole Tognazzi), in Jane par Charlotte Gainsbourg mira a raccontare l’altro volto di Birkin, quello privato, più intimo, ritraendola tra i suoi cani come nel giardino con le nipoti (figlie di Charlotte), in pescheria come sul palcoscenico, inserendo nella narrazione scatti fotografici e sfocature di luce come a voler sottolineare la luminosità dell’anima che ha scelto di porre al centro del racconto.

Non è una narratrice estranea, entra sin dalla prima scena nel suo documentario, polverizzando il confine tra biografico e autobiografico e svelando anche molto di se stessa, come figlia, come artista e come madre. Insiste sul fattore umano, sulla vulnerabilità, sulle dipendenze della madre da sonniferi e alcol, ma anche sul dramma della malattia (un “cancro non doloroso”, per usare le parole di Birkin) e sulla tragedia di aver perso la prima figlia Kate e sulla conseguente catena infinita di “se avessi” dovuta al senso di colpa.

Portatrici sane della stessa filosofia di vita libera, lontana da pregiudizi e convenzioni, Jane e Charlotte affrontano davanti alla macchina da presa temi esistenziali, ricordi, paure. Paura di invecchiare, per cui Birkin confida di aver tolto gli specchi più realistici di casa e di togliere volentieri gli occhiali prima di guardarsi. Paura della morte, più dei suoi figli che sua – mentre Charlotte teme di perdere la figura titanica della madre, come confessa nella lettera-tributo finale, commossa e commovente.
Ne esce un ritratto umano insieme lieve e potente, senz’altro commovente, che dice molto della donna, più che dell’artista, Jane Birkin

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TERMINATA