Con Richard Gere, Lior Ashkenazi, Michael Sheen, Steve Buscemi, Charlotte Gainsbourg, Hank Azaria, Dan Stevens, Josh Charles, Isaach De Bankolé, Harris Yulin.
Titolo originale The Moderate Rise and Tragic Fall of a New York Fixer. Drammatico (colore). Durata 118 min. Usa, Israele 2017 (Lucky Red)
New York. Norman Oppenheimer si qualifica come uomo d’affari. La sua vita consiste nel cercare di soddisfare le necessità altrui sperando di ricevere in contraccambio rispetto e ammirazione. Un giorno riesce ad avvicinare un uomo politico israeliano e a comprargli un costoso paio di scarpe. Quando diverrà il premier del suo Paese Norman potrà ricevere quella considerazione che ha sempre desiderato. Ma per quanto?
Le radici di questo film affondano nella storia della cultura ebraica e nella letteratura. Joseph Cedar, che è nato a New York ma dall’età di sei anni vive a Gerusalemme, ha studiato la figura dell’ “Ebreo cortigiano” cioè di colui che mette il suo talento al servizio di un potente per poi ritrovarsi vittima di invidie e ostilità. È un personaggio che si trova nella Bibbia (vedi Giuseppe e il Faraone) per poi ripresentarsi nel “Mercante di Venezia” di Shakespeare, nel Fagin dell'”Oliver Twist” dickensiano o nel Leopold Bloom dell'”Ulisse” di Joyce.
Come trasferire nell’attualità questa figura quasi archetipa? Trasformandolo in un ‘faccendiere’, una persona che aiuta gli uomini di potere ad ottenere ciò che vogliono ma a cui non possono arrivare direttamente. Non molti registi e produzioni avrebbero pensato a Richard Gere per questo ruolo.
Cedar lo ha fatto e ha centrato l’obiettivo. Gere si cala nei panni e nella psicologia di Norman con un mimetismo straordinario. Nei panni perché la sua eleganza ha sempre dei tratti di inadeguatezza; il suo cappotto, le sue camicie , la sua giacca non sono mai ‘davvero’ giusti. Così come non lo è mai il credito che si attribuisce millantando conoscenze e contatti ai livelli più elevati del mondo degli affari. Ma Norman non è un imbroglione con il cosiddetto pelo sullo stomaco. È un uomo profondamente solo che ha bisogno, per sentirsi vivere, di essere accettato e riconosciuto come necessario dagli altri. Questo comporta frustrazioni (quando le sue supposte relazioni si rivelano inesistenti) ma anche momenti di esaltazione e di trionfo quando chi detiene il potere lo ammette nella propria cerchia ristretta. Chi però dipende dall’approvazione altrui, dal bisogno che gli altri hanno dei suoi servigi (reali o presunti che siano) non assurge mai, anche se si illude che non sia così, alla dignità di persona. Perché è solo trovando la giusta misura di autostima che un essere umano può riconoscersi come tale oppure compiendo scelte che dipendano esclusivamente da se stesso. Norman si troverà ad affrontare la questione e dovrà prendere una decisione che coinvolgerà molti di coloro per i quali si è messo in gioco.