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SARURA

di Nicola Zambelli

Titolo originale . Documentario (colore). Durata min. Italia 2022 ()

SARURA

Nel 2009 i registi Nicola Zambelli e Andrea Paco Mariani vennero chiamati a documentare la lotta del viaggio di At-Tuwani contro l’occupazione israeliana. Alle porte del deserto del Negev, documentarono con il documentario Tomorrow’s Land la vita quotidiana nella zona sud della West Bank: la presenza costante dei soldati israeliani, le provocazioni dei coloni, le violenze minacciate, subite, perpetrate, la resistenza. Dieci anni dopo sono tornati in quegli stessi luoghi per continuare a raccontare la lotta nonviolenta in Cisgiordania, seguendo le azioni del gruppo Youth of Sumud (i giovani della perseveranza), che prova a restituire alla gente di At-Tuwani le terre sottratte alle loro famiglie, ristrutturando l’antico villaggio di grotte di Sarura.

In una striscia di terra occupata, tra persone ormai abituate alla loro condizione, il film testimonia un movimento che rompe la catena degli eventi, che prova a immaginare un altro mondo, un altro modo di vivere: «il futuro è un posto sconosciuto», recita il sottotitolo della versione internazionale.

Quante volte abbiamo visto immagini dei territori occupati della Cisgiordania, della West Bank segnata dai posti di blocco, dei soldati israeliani che pattugliano lande semideserte, spesso prendendosela con ragazzini inermi o con anziani pastori che rivendicano il diritto di far pascolare gli animali sulle loro terre? Quante volte ancora le vedremo, anche se oggi altre guerre e altri conflitti sentiti come più nuovi e urgenti occupano media e schermi cinematografici? La questione palestinese è uno stallo perenne, una condizione che dopo vari decenni è quasi istintivo – colpevolmente – considerare, se non naturale, almeno strutturale, parte del mondo che l’ha creata e alla quale appartiene.

A un certo punto di Sarura, il film firmato da Nicola Zambelli ma realizzato come lavoro collettivo della casa di produzione SMK Factory, Ali, uno dei “giovani della perseveranza” di At-Tuwani, dice: «Qui ogni bambino crede che sia normale la vita che vive, qualunque essa sia. Poi però crescendo ho capito che ci sono persone che violano i miei diritti, e che questo non è il modo in cui i bambini di tutto il mondo normalmente vanno a scuola». È proprio questo lo scarto che il film cerca e filma nei territori occupati: l’inversione di rotta della Storia e della mente delle persone, protagonisti e osservatori, vittime e spettatori; l’iniziativa che cambia il decorso delle cose.

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