Elio Germano e Teho Teardo sono due figure rispettabilissime del panorama cinematografico e musicale italiano. Quello che fanno, fuori o no dai titoli di coda, rappresenta una militanza celata volta a dar voce alle minoranze e a districare il groviglio sociale che Céline aveva descritto con un realismo, a volte distopico, ancora attuale. La sua critica alla società e ai suoi uomini, noi, incastrati nel “luna park del dolore” (le leggi, secondo Céline), devoti al denaro, e al capitalismo “sfolgorante nelle réclames ammiccanti e pustolose”, e alle guerre, che si ripetono da tempo immemore come se ogni volta ne avessimo dimenticato il dolore. Leggere il Voyage è come trafiggersi lentamente con frecce avvelenate mentre qualcuno ti fa il solletico. Partecipare allo spettacolo di Germano e Teardo è invece come immergersi nella furia del medico francese lasciandosi destare o tediare da amabili musiche ipnotiche, quelle della chitarra e dei live electronics di Teho e del trio d’archi composto da Laura Bisceglia al violoncello, Ambra Chiara Michelangeli alla viola ed Elena De Stabile al violino, che agiscono direttamente sull’interpretazione percuotente di Germano, un Bardamu che entra e esce dal suo-nostro inconscio. «L’idea originale era una sorta di lettura ma ora non lo è più», dice Teardo, «è un passaggio dentro Céline. Non è neanche un’interpretazione teatrale: tutto succede in una forma di concerto dove la giustificazione del testo arriva passando per il suono».
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